i chiostri
Il chiostro porticato, che serviva a collegare i vari ambienti che vi si affacciano, è un elemento tipico dei complessi conventuali e monastici.
La Basilica di Sant’Antonio ne ha ben cinque: il chiostro del capitolo, detto anche «della magnolia» per via dell’imponente albero lì presente, il chiostro del generale o della biblioteca, perché da qui si accede alla Pontificia Biblioteca, il chiostro del noviziato, così detto per la presenza dei novizi, il chiostro del Beato Luca Belludi, in passato anche detto dell’infermeria e il chiostro del Paradiso, di fatto un semplice loggiato.
IL CHIOSTRO DEL CAPITOLO
Si tratta del primo chiostro a cui si accede dal portale del complesso conventuale sul sagrato della basilica, a destra rispetto all’ingresso basilicale. È formato da una serie di ampie arcate gotiche poggianti su alte colonne decorate con motivi vegetali, otto nei lati lunghi e sei nei brevi, mentre agli angoli troviamo quattro pilastri, realizzati a fasce di bianca pietra d’Istria e nera pietra molare.
È conosciuto con tale nome fin dal XIII secolo, sebbene in passato ne avesse altri, per esempio chiostro dei morti, per via delle numerose tombe che accolse e tutt’ora ospita.
Un documento databile all’anno 1240 conferma che si tratta del chiostro più antico, sebbene ciò che oggi vediamo sia frutto di lavori eseguiti nella prima metà del secolo XV ad opera di mastro Cristofano da Bolzano; un’iscrizione presente nei pressi della portineria ricorda che il chiostro fu restaurato nel 1902.
IL CHIOSTRO DEL GENERALE, O DELLA BIBLIOTECA
Alcuni documenti ne attestano la paternità al sopracitato Cristofano, sebbene la direzione dei lavori fu presa da Giovanni (“Zuane”) da Bolzano, suo collaboratore. Con le tre colonne per lato e i pilastri angolari, è il più piccolo dei chiostri antoniani, ma, con la sua altezza di 3,4 metri, è quello con le proporzioni più slanciate.
Qui si trovavano le stanze del generale dell’Ordine e del padre lettore di Teologia: la libreria occupa tuttora il lato sud del chiostro.
IL CHIOSTRO DEL NOVIZIATO
Secondo la tradizione, il chiostro del noviziato venne fatto edificare dal papa francescano Sisto IV (1471-1484) intorno alla seconda metà del XV secolo: era ornato da affreschi, ora perduti, realizzati da Jacopo Montagnana (1487-1488). Il piano terra è composto da ventotto colonne di trachite con arcate gotiche, mentre il primo piano è costituito da un loggiato con piccoli archi a tutto sesto.
Al centro si trova una vera da pozzo realizzata Giovanni Minello nel 1492. Nel 1925-1926 fu decorato da Giuseppe Riva con trentacinque affreschi rappresentanti uomini illustri.
Le strutture subirono danni ingenti durante la guerra della Lega di Cambrai (1508-1516) e furono in seguito ristrutturate.
IL CHIOSTRO BELLUDI O DELL’INFERMERIA
Memorie di questo chiostro si rintracciano sin dal Duecento, dove era noto come chiostro dell’infermeria, per la presenza di locali destinati alla cura degli infermi: nei locali adiacenti si trovavano una foresteria e un dormitorio per studenti.
Il chiostro vide all’opera diverse maestranze e fu edificato a più riprese nel corso dei secoli, fino al completamento nel Seicento; è composto da un insieme di ventinove colonne di diverso materiale.
Pure qui troviamo al centro un’imponente magnolia, posta all’interno di un’area che nel tempo ha restituito diversi reperti di epoca romana e preromana.
IL CHIOSTRO DEL PARADISO
Con una modesta eleganza, quasi “poveretta” – come afferma il Selvatico –, il chiostro del Paradiso si colloca dietro l’abside della basilica, in una zona accessibile mediante una porta che lo collega al noviziato.
Le fonti quattro e cinquecentesche lo chiamano “luogo del paradiso, cimitero”, in virtù della funzione sepolcrale a cui era destinato.
Il termine chiostro pare qui fuori luogo: quello del Paradiso è piuttosto un portico composto da dieci esili colonne, al di sotto del quale, in origine, erano presenti diverse tombe, oggi perlopiù scomparse.